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“Il miglior atleta è quello orfano”?

“Il miglior atleta è quello orfano”?

 

Il rapporto genitori-sport è sempre stato oggetto di grandi dibattiti. In questo articolo, vi raccontiamo il nostro punto di vista.

 

 

 

Vivendo da decenni il mondo dello Sport, ne abbiamo viste “di cotte e di crude”. Molto spesso noi addetti ai lavori ci troviamo a riflettere su alcuni comportamenti deii genitori dei nostri piccoli (e meno piccoli) atleti.

Qualcuno, di fronte all’invadenza di alcuni, arriva persino a dire con cinismo e cattiveria esagerate, che i migliori atleti da allenare sarebbero gli orfani…

Su questo tema si sono già espressi opinionisti anche illustri e crediamo che non occorra il nostro intervento, per precisare quanto i genitori rappresentino un’enorme risorsa per ogni bambino e che una frase del genere non può avere senso, se non vista come una provocazione, volta a suscitare un dibattito.

Premesso questo, però, se in moltissimi casi i genitori rappresentano la fortuna dei figli, è altrettanto vero che non sono rari i casi in cui non si possa dire lo stesso.

In ogni caso, sia in un verso sia nell’altro, è indubbio che la famiglia rivesta un ruolo molto importante nella crescita  sportiva dei “nostri” ragazzi.

Ma qual è il nostro punto di vista? Quale il corretto equilibrio, affinché possa funzionare tutto a dovere?

Un “lavoro” di squadra condiviso fra tecnico, atleta, società e famiglia, aiuta moltissimo nel processo educativo e di evoluzione degli atleti con cui lavoriamo. La prima regola, comunque, è quella che contraddistingue ogni sorta di comunicazione: mettiamoci nei panni del nostro interlocutore.

Da parte di noi addetti ai lavori, occorrerebbe sempre tenere in considerazione che, spesso, l’atteggiamento di un genitore è inevitabilmente “inquinato” da un grandissimo coinvolgimento emotivo e sarebbe opportuno tenerne conto, quando ci rapportiamo con i genitori, considerando che spesso lo siamo anche NOI e, se analizziamo con spirito critico la situazione, sapremo che è molto più complesso mantenere l’oggettività con i nostri piccoli.

Viceversa, i genitori dovrebbero tenere sempre a mente che tecnici e società hanno un’esperienza maggiore e conoscono bene situazioni che un genitore vive con il proprio figlio magari per la prima volta. Inoltre, in queste vesti dovremmo sempre considerare che, a prescindere che si possa essere d’accordo o meno con le scelte, spetta all’allenatore decidere chi va in campo e chi no, chi deve essere sostituito e chi no e così via.

IL COMPITO DI UN GENITORE, DOVREBBE ESSERE INSEGNARE A REAGIRE AD UNA PANCHINA, AD UNA SCELTA TECNICA CHE NON RITENIAMO CORRETTA, LOTTANDO PER DIMOSTRARE ALL’ALLENATORE CHE SI SBAGLIAVA.

In questo, lo Sport può rappresentare ancora un’importantissima scuola di vita e siamo convinti che, se un ragazzo impara questo approccio, il valore aggiunto che gli avranno dato queste piccole “sofferenze”, causate da una scelta tecnica opinabile, varrà molto più che aver giocato quelle partite.

Si rivolge direttamente ai genitori dei giovani atleti (bimbi), focalizzandosi principalmente su quelli che nutrono grandi speranze nel destino sportivo dei propri figli.

 Ora, senza voler entrare in nessun merito specifico e senza volerci erigere a “giudici” di atteggiamenti a cui abbiamo assistito, vorremmo condividere con voi i 3 errori più gravi e frequenti, in questo ambito.

IN questi anni, abbiamo avuto la fortuna di creare diversi giocatori che hanno avuto successo. Contestualmente, abbiamo lavorato con alcuni genitori meravigliosi che hanno contribuito in grande parte nel successo dei propri figli.

Ma sfortunatamente siamo stati anche testimoni del sabotaggio perpetrato da molti genitori, talvolta inconsapevolmente e spesso con le migliori intenzioni, ai danni del futuro atletico dei propri ragazzi. Se questi avessero fatto attenzione a poche semplici regole, o avessero esaminato alcuni dei motivi che li animavano, non solo avrebbero fatto del proprio bambino un migliore atleta, ma ne avrebbero fatto migliori agonisti, ragazzi più felici e con maggior benessere.

Se riconoscete di essere dei genitori  entusiasti del fatto che vostro figlio possa avere una carriera nel mondo del Volley, vi invitiamo a farvi un obbiettivo esame di coscienza.

E se vi accorgete che state facendo una delle due cose che vi scriveremo di seguito, vi possiamo garantire che vostro figlio non arriverà dove credete possa arrivare.

State riponendo sul vostro bimbo quelle che sono le VOSTRE ambizioni.

Troviamo interessante notare che molti degli atleti più realizzati che abbiamo conosciuto non siano, nel momento in cui arrivano al Volley, (i genitori) ossessivi che ci si potrebbe aspettare. Infatti  questi tendono ad avere un atteggiamento del tipo “leisez faire” verso l’attività sportiva dei figli. La nostra opinione è che questi genitori abbiano una più alta comprensione di cosa sia il processo di sviluppo sportivo. Porre le fondamenta, acquisire una serie di abilità e prendere dimestichezza gradualmente con i tranelli della competizione, sono considerati da questi genitori più importanti che riconoscimenti ed encomi. Questi  hanno grande famigliarità con la lunga strada e la mole dei sacrifici che sono richiesti per arrivare in alto nello sport, e anche con la casualità necessaria per riuscirci. Tendono ad essere più rispettosi degli allenatori e pazienti in rapporto al processo di formazione. In breve, questi hanno raggiunto una prospettiva più ampia, che molti di noi non possiedono. I  genitori che non hanno esperienze agonistiche semplicemente non hanno mai sviluppato la serie di abilità psichiche che sono richieste ad un atleta. È possibile che questi stiano sperimentando l’agonismo in atletica per la prima volta attraverso il prisma del proprio ragazzo; cosa che può costituire un pendio molto scivoloso. Altri invece credono che i propri figli rappresentino una “seconda chance” per correggere gli errori di un proprio passato atletico non così illustre come avrebbe dovuto essere. Ad ogni modo la cosa più importante da capire, è che i ragazzi pre adolescenti seguono tre motivazioni principali per fare sport: divertirsi, socializzare, e compiacere i propri genitori. Troppi bambini finiscono per fare semplicemente l’ultima cosa, e questo spesso non funziona troppo a lungo. Questi ultimi ragazzi raramente durano nello sport fino a raggiungere l’alto livello e molto spesso finiscono per lasciare la propria disciplina, dopo anni di sviluppo, perchè questo è un bel modo di ribellarsi ai propri genitori. A fine gara, sentiamoo spesso che le prime parole di questo tipo di genitori sono valutazioni o di critiche riguardo alla competizione quando dovrebbero semplicemente essere: “ti sei divertito?”

Superspecializzazione prematura.

Una volta abbiamo avuto a che fare con un papà ansioso riguardo l’allenamento della figlia infortunata. Il dottore aveva raccomandato 3 settimane di riposo per permettere la guarigione dall’infortunio, ma questo papà era del parere che fosse una cautela eccessiva e che la figlia avrebbe perso troppo terreno a causa di questo stop. All’epoca la bambina aveva 9 anni. Chiaramente il papà avrà avuto in mente i suoi progetti e non l’interesse della figlia. Dubitai fortemente che sarebbe arrivata a fare sport oltre i 12 anni.

C’è stato uno sbalorditivo incremento di infortuni di tipo ortopedico tra i ragazzi nell’ultimo decennio. Questo corrisponde all’incremento di specializzazione prematura in un singolo sport. I bambini sono allenati troppo duramente, troppo spesso, troppo ripetitivamente e troppo spesso senza una corretta preparazione dei presupposti fondamentali. I programmi di allenamento e di addestramento sportivo si sono concentrati su questo, spesso ignorando le linee guida ortopediche, preferendo invece compiacere i genitori mostrando ai genitori risultati immediati.

CONCLUSIONI

Se vostro figlio (o figlia n.d.t.) ha meno di 12 anni e vi riscoprite a bordo campo con le parole “campione”, “borsa di studio” e “fenomeno” che vi girano in testa probabilmente avete bisogno di ri-settare la vostra prospettiva. Una delle lezioni più difficili che dovrete imparare è che ci sarà un momento in cui saranno loro a decidere se continuare o meno in uno sport. E non ci sarà nulla che possiate fare  per farli continuare a competere, se semplicemente non ne avranno il desiderio o la voglia. E’ un semplice dato di fatto che le ore in macchina, le migliaia di € spese per la loro formazione tecnica e gli anni trascorsi assistendo a gare ed allenamenti, statisticamente molto spesso non portano da nessuna parte.

I valori imparati e conquistati su un campo di Volley varranno più di qualsiasi altro premio; valori quali sportività, l’onore, l’integrità, lo stare bene, il lavoro duro ed il lavoro di squadra. La relazione che instaurerete attraverso le gare dei vostri figli avrà una grande importanza nel loro futuro. Le decisioni che prenderete come genitori avranno un effetto enorme non  solo nello sviluppo atletico di vostro figlio, ma anche riguardo alla sua salute, al suo benessere ed alla sua etica. Scegliete saggiamente.

K2_LAST_MODIFIED_ONWednesday, 07 December 2016 10:24